La salute del fegato: il ruolo protettivo delle biomolecole attive della Corylus avellana L
Nuovo studio ENEA sull'effetto protettivo della nocciola, Corylus avellana, sulle cellule epatiche
Nell’ambito del progetto di caratterizzazione di cibi funzionali ed estratti naturali per applicazioni in ambito nutrizionale e biomedico, sono stati pubblicati i risultati di uno studio effettuato su una matrice vegetale ottenuta dal frutto di Corylus avellana L (cultivar Tonda Gentile Romana), condotto dal Laboratorio Salute e Ambiente in collaborazione con il Laboratorio Bioprodotti e Bioprocessi.
Il team ENEA ha dimostrato le proprietà della varietà di nocciola tradizionale viterbese di stimolare l’espressione di piccole molecole di RNA a funzione epigenetica, chiamate miR-34b e miR-34c, in un modello in vitro di epatocarcinoma umano, dimostrando il significativo potenziale nutri-epigenomico delle biomolecole attive in essa contenute[1].
Le alterazioni epigenetiche sono alla base di diverse malattie croniche, comprese patologie neurodegenerative e cancro. Il DNA metilato ed i microRNA (miR) sono tra i marcatori epigenetici caratteristici di un tessuto e, se deregolati a seguito di stress, infezioni, esposizione ad agenti chimico-fisici tossici, possono guidare la trasformazione neoplastica, la degenerazione e/o l’invecchiamento di un organo. Nel fegato umano, la corretta funzionalità dei miR-34b e miR-34c protegge dalla fibrosi epatica; se, invece, i loro livelli di espressione vanno incontro a silenziamento, stimolano proliferazione, capacità migratoria e invasività delle cellule del tessuto epatico, predisponendo alla iperplasia e alla trasformazione neoplastica.
Pertanto, la possibilità di mantenere sotto controllo i miR-34b/c nel fegato, stimolandone i livelli o interferendo con la riduzione della loro espressione come dimostrato nello studio ENEA sulla nocciola, apre la strada alla validazione e utilizzo di estratti di origine vegetale, da introdurre come integrazione e/o come alimenti funzionali, nella prevenzione di patologie degenerative a livello epatico. Inoltre, se ulteriormente validate in modelli preclinici più complessi, le singole componenti bioattive di cui è ricco il frutto potrebbero rappresentare una risorsa di molecole a potenziale azione antineoplastica.